lunedì 17 maggio 2010

Lo spazio del Freak

Portare un pò di se stessi all'interno di un progetto è una cosa difficile. E credo lo sia ancora di più nel nostro caso, ossia una rassegna di film, che sono già di per se opere altrui. Quindi opere attraverso le quali già "altri" hanno espresso se stessi e i loro punti di vista. In questo il ruolo della critica diventa una sorta di "esprimersi" di secondo grado, un esprimersi sul già espresso. Potrebbe essere una cosa poco stimolante, e invece secondo me non lo è! Perchè qui si tratta di far convergere percorsi singoli appunto, creando una sorta di "spazio" nuovo. Come un piccolo reticolato stradale che prima non c'era. Spazio creato dai collegamenti (link?) tra varie opere da noi scelte, così scoprendo nuovi sensi (e percorsi) in quelle opere. Questo però comporta riflessioni, comporta domande, comporta tempo. Ed è proprio il "tempo" che manca oggi. Il tempo metropolitano è una sorta di eterno presente che ti sconquassa con continui bisogni, desideri e varia macelleria visiva...ma a volte anche con visioni a loro modo bellissime. L'unica cosa che rimane salva e "primitiva", secondo me, è il contatto umano. Sempre più parcellizzato forse, ma che comunque continua ad essere ricercato. Io cerco questo contatto dalla vita, da quello che faccio, dalle scelte che (con fatica...) cerco di compiere. E parlando di uno spazio a noi tutti caro, lo spazio metropolitano appunto, l'unico modo per salvaguardare questo contatto umano è rimasto lo spostamento, la ricerca dell'altro. A me sembra che la città, lo spostamento fisico e reale sia paradossalmente diventato più intimo, più piccolo, più personale rispetto all'immenso universo virtuale che sta bello al sicuro (?) nelle nostre case (quindi nel nostro "piccolo" spazio...). Confinato tra uno schermo e una tastiera, o nel clic di una console.

Venendo al Freak, altro punto importante discusso, per me il disadattamento (interiore, esteriore, economico, familiare, artistico, ecc...) è proprio il cuore di ogni percorso umano odierno. Perchè tutti noi certamente sappiamo quanto la soglia di "fallimento" sia diventata altissima. Ogni giorno e ovunque tutti ti parlano di quella parola odiosa che è "competitività". E tutti (te stesso compreso) si aspettano tantissimo da te. Quindi chi è il Freak? Boh...tutti possono essere freak alla ricerca di varie ed inesistenti "normalità" mutuate da chissà quali modelli.

Ora...il punto di tutte queste mie (in)utili elucubrazioni è che forse scegliere Film che uniscano il concetto di "movimento" metropolitano con quello dei "tentativi" di non essere disadattati, potrebbe essere una buona partenza. Il Freak (il disadattato per eccellenza) non per forza come punto limite, "alieno" e mostro, ma come specchio di ogni disagio. Rispetto alla concezione classica del Freak , quindi, non sarebbero più gli altri a connotarlo come tale, ma questa diventa quasi una condizione privata. Si è o meno freak se ci si riconosce o meno come tali. Se si lotta con se stessi, o meno, per non riconoscersi più come tali. I tentativi fatti per sfuggire ai disagi diventano una sorta di "discriminante" e lo spazio metropolitano, che ancora può creare il contatto umano, diventa uno specchio vitale.

E poi per me il cinema è sempre stato importante e salvifico, un amico fidato nei momenti più bui della mia vita. Mi ha dato una strada "mia" quando pensavo che ce ne fossero solo di già belle e pronte. E quindi già di per sè il cinema, la rassegna cinematografica in un cineclub, diventa essa stessa luogo di aggregazione metropolitano e quindi...ecc, ecc....verso terzi e quarti stadi dell'analisi critica...

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